Agropoli, lettera aperta del 21enne contagiato: “Non è facile, vedo pazienti passare in terapia intensiva”

Il 21enne contagiato Arturo Farese ha pubblicato sulla propria pagina facebook una lunga lettera nella quale racconta un po’ tutti gli avvenimenti che l’hanno portato fino al ricovero presso il reparto COVID di Scafati. La riportiamo integralmente per chiarezza di informazione.

La lettera

Un incubo.

Sono giorni difficili, tristi. Per colpa del destino, dei giornali, della gente spesso cattiva e ignorante, del pettegolezzo e anche della comprensibile preoccupazione di molti. Voglio fare un po’ di chiarezza, e per farlo non ho timore di espormi personalmente. Anche perché non cambierà nulla rispetto a una situazione in cui i nomi dei soggetti di questa vicenda sono stati resi noti fin da subito, in maniera quasi automatica, senza alcun rispetto per la loro riservatezza e serenità. Se l’assenza di privacy può servire alla causa della salute, si accetta anche questa. Ma a ben vedere i provvedimenti delle autorità basterebbero da soli a regolare la situazione, e si risparmierebbe l’inutile stuolo di polemiche e linciaggi ingiustificati. Ma tanté.

Io non ho mai detto di aver contratto il virus ad Agropoli, ho semplicemente fatto presente che quando non si ha la certezza, la prova di qualcosa, è preferibile non parlarne, non riportare come certe notizie solo probabili. Non si ha la certezza che io sia stato contagiato a Capri anche perchè non ho avuto nessun contatto con i ragazzi di Roma presenti sull’isola. Potrebbe essere come potrebbe non essere.

Ma in fondo questo che importanza ha rispetto al giudizio sulla persona? Dalla fine del lockdwon ho svolto la vita dei miei coetanei provando a riconquistare una parvenza di normalità, come del resto i nuovi regolamenti consentivano. Potremmo avere sottovalutato i rischi, è vero, ma essere contagiati non si sceglie.

Ora l’importante è che guariscano presto gli altri quattro ragazzi positivi, che la catena dei contagi ai arresti e che al più presto io possa uscire da quest’ospedale. Perchè, credetemi, stare 15 giorni in una stanza chiusa su di un letto d’ospedale non è facile. Sto vedendo tante scene non piacevoli, arriva gente che fatica a respirare, gente che passa dal reparto dove mi trovo a quello di terapia intensiva, persone anziane che soffrono.

Si dicono tante cose senza conoscerle. Vorrei allegarle qui tutte le cattiverie scritte. Qualche agropolese afferma che io abbia girato per Agropoli consapevole dei sintomi del Covid, altri ne approfittano per lanciare sentenze generali su un’intera generazione e sui suoi valori. Amo la mia famiglia, amo i miei amici, amo la persona che più di tutti mi sta vicino in questo momento, amo tutti voi che mi state mandando un pensiero per farmi stare meglio. Come avrei mai potuto fare del male a queste persone? Appena ho avuto il minimo sintomo mi sono chiuso in camera (giovedì), venerdì ho avuto la febbre alta e subito ho chiamato il mio medico che a sua volta ha avvisato l’Asl e sono venuti a farmi il tampone. La mattina successiva mi hanno ricoverato. A molti piace trovare il capro espiatorio, il colpevole, l’untore anche in una situazione così delicata. La legittima paura di una comunità dovrebbe spingere soltanto alla solidarietà e al rispetto delle regole, e non allo sfogo collettivo verso le persone che volta per volta si trovano a combattere con la pandemia. Per questo ringrazio di nuovo coloro che si stanno prendendo sinceramente cura di me, e spero come tutti che quando questo panico sarà solo un ricordo, sapremo comprendere l’importanza, per una comunità, del silenzio e della comprensione.